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Frase di Thea Matera

Il Poeta guarda alla vita fissando la finestra, scorgendo l'anima nei rami, scrutando il respiro impalpabile del cielo. Protervo fiore tra suole impolverate, sulla riva divelta e sfatta, irridente acrobata su traversine di seta. Gira in bicicletta per le strade vuote masticando sillabe e fonemi, a bagnarsi gli occhi di luce, a guardare stormi di allodole volare, il nembo pendulo sospeso sul trapezio. Restano tra le righe, le parole, si dilatano le pupille di pozzi nascosti, dove l'acqua rifulge e s'eterna, dove, a schiere, sprofondano le stelle. E cerca il sole, la goccia d'acqua che si fa lacrima sul volto della pietra, il pi greco dello sciame, il mare riflesso sui muri bianchi delle case, dove ricadono glicini a grappoli mentre nubi s'affoltano su chiome di vaniglia e l'umbella. Càpita di restare seduti su ciocchi traversi ad aspettare l'alba, ad ascoltare il frinire di cicale stanche, il rombo dell'aereo che assorda, di camminare sui sassi appuntiti di terre antiche, fissare l'ultima bolla di sapone addormentarsi sull'erba. M'insegni a guardare oltre la pioggia, al di là di ombre indolenti, del riverbero della magnolia. SUNLIGHT ON THE HOAR FROST (La luce del sole sulla brina)

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Frasi affini



S'è distanziata l'ombra dalla meridiana,
gira sul fuso il mondo e la sua ruota,
- siffatti l'àncora ed il calcagno -
sulla prodaia, fissati come chiodi,
flagrano capelluti sfagni.
Chiude gli occhi, tutto tace,
sulla provenda, plicata a dense strisce,
mansueta scorre l'anima
in un corpo di limace.
Senza riposo rotava il chiurlo,
girava sul pennone
come goccio l'astrolabio,
si salvò il pompelmo fra le rose,
in mare aperto il periplo a levante
decantava il blu di Prussia del piumaggio.
Dalla sediòla scambiò per apparenza
il pianto di cicale, di solito non liquefa la foglia la confidenza fatta,
come un sorriso di traverso
fa la pesta di caprini,
dall'abbaino, in disparte,
raffila un arrotino il disegno delle nasse.
In crogioli e matracci
distillava il senso delle cose,
temperava nel piatto la sua mela,
s'affacciavano nella controra,
come due occhi, gli orologi,
e non si sperde - dagli tempo -
sconnesso il solido in due punti...
scese a pennello il guscio sull'artista,
la rara convinzione di fragorose nuvole,
la mola che sfugge all'orma
di due distinte fragole.
Sa di sale - è già partita - l'onda disciolta come neve, dove la voce diventa bosco, insetto che disvuole l'acqua di garofani,
mutavano le triglie nell'acquaio,
la fibra dell'alga sulla scrivania.
Che fine ha fatto, disteso,
appollaiato sul ramo di camoscio,
adiacente all'ago della bussola
divorava fino all'ultima parola,
semmai disfece la coerenza
il polline sulla veranda,
s'aggiunse pure in là della pagliola
il cespo millefoglie di lattuga;
chissà se il cembalista suonerà
le prime sette note del notturno,
accresce in lui la netta meraviglia
di sfuse primavere nei bistrot,
nei graffiti sulle porte dei mètro.

PASCORE
(Eingedenken).

Inserita il 20/03/2023 alle ore 15:32

Oggi su Marte mi sfiora
la tempesta,
non c'è che un filo d'erba
a scompigliare nuvole conchiuse
in granati barattoli di vetro,
i colori sono pozze di ematite
solchi nel concavo riflesso
di rosa acquamarina...
Cieli di polvere sovrastano
dissepolte lampide,
si schiudono ossidate ali
di rupicole,
come viluppo di quarzosi cràspedi l'eco di luce
si raccoglie sui soffitti.
Cos'era la musica
se non un tonfo sordo,
un tinnulo di asteri
sul giglio di mare...
La vita esplode nel grembo
della luna sull'orma intatta
di puntellate valli,
allo Zènith s'impolvera
lo storno,
la filza di lumache discioglie
il brivio di aceraie,
l'anello della maglia
incartoccia sulle teste
i ninnoli di pietra
prima che affoghi in dogli
di titanio la rena di cellulosa.
Mi parlarono di docili chelonie,
ocracei ciottoli e spati
di viandanti,
di gerbere nel raggio
di lanugiosi palmi,
la diaspora di macine
e di armenti.
Era il cinabro pelago
un nicchio di calille
nel cielo che s'infosca
sul piumaccio,
dove sopravvive la cocciniglia,
e la lantana, sotto teche d'eliodoro;
distinguo dalla specola
il perno della ruota,
l'ultimo nome inciso
nella secca,
si vetrifica il lago
di scarlatti brani
dove hai colto invaiati pummeli,
l'avito gesmino e la catalpa, l'assecchita pieve e l'amaranto.
Ricadono i pensieri
come forme di alveari,
in silico si foggia l'agapanto
il dismentato stazzo,
smatassati tomboli
di romite nebule
si sperdono in liquate florescenze,
nella rifusa lacrima
del Firmamento.

ZYKLUS (Life On Mars)

Inserita il 29/09/2022 alle ore 09:14

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Scritto da Utente anonimo
Il 29/04/2024 alle ore 15:13
Il coraggio si manifesta quando affrontiamo le nostre paure, e quando lo facciamo, scopriamo che il più delle volte non c'era niente da temere... Stefano
Scritto da Nicola
Il 29/04/2024 alle ore 12:47
L'ho sempre sospettato che l'umanità è più stupida che geniale...

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