Frase di Thea Matera
La città, vuota senza poesia, una finestra buia. Non s'infiora il prato, si smaga il verso, vago limbo.
Inserita il 06/04/2022 alle ore 11:25
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Gela è una città millenaria, la storia si respira e si tocca in ogni angolo della città, la natura ha donato la migliore spiaggia al mondo, mille colori di albe e tramonti, la seconda più estesa piana della Sicilia.Nei secoli è stata terra di conquista fenici, caltaginesi, greci, romani, turchi, americani sono passati in questa città al centro del mediterraneo. Dovrebbe essere una delle città più ricche del Sud Europeo, le donne gelesi sono tra le più belle, le più intuitive, le più creative. Purtroppo la società di Gela non è stata mai all'altezza, si vive per apparire, ai fatti si preferiscono le parole. Una città allo sbando distrutta prima dalla mafia oggi dell'antimafia. Gela è una città anarchica, una repubblica a se senza speranza e senza futuro. I colpevoli: Eni e politica.
Dove finisce la poesia non consumata, il verso non trattenuto -irrespirato cielo- la parola non compresa, l'incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue dune, dello scurato pregio nelle vene di pennate, nelle lamine di retinervie, di tutta questa poesia offerta in pasto alla sostanza indocile, ad aride lagnanze. Ne resta il disunito lembo di acrostici slogati in incompite cale, la digrumata stele, la spocchia decadente nel cincischìo di epigoni, nei baci di fiele disseminati sulle pagine di polvere di Poeti Scapigliati. Come chiama il poeta il profumo e la sua rosa, il tedio di giunchi assolati nei lobi di rotonde, le fulve chele di una perduta stella? Inizia in rime sciolte il pamphlet sur la revanche, la luna non è lontana ora che si discosta la marea sizigiale dai ceppi atterrati, e la notte è una stanza di carta. Stornai nientificati equivoci di voci nel diacronico deflesso che s'annida fra i pronomi, ti dimenticai nei respiri di malmostose alghe, in bisillabe disciolte nella mano dello scriba; non fu chiarore di strade il verdito mento, il tizzo rosso della chiosa. La festuglia del Fosco disarma la grafia, per poco s'intuiva la sottile allegoria, si stranisce l'òmero nel colore delle gote, ricade sul davanzale il tempo e la sua storia. Cosa rimarrà del verseggiato campo, del vùlture a perlustrare il giorno che rinasce alla poesia? ABGRUND (In fieri - La Pagina Bianca)
Inserita il 29/05/2022 alle ore 11:35
Sono un verso caduco, un verso tra i miei versi, il verso libero del poeta ignoto lungo il viale scosceso, ordito di lunghe ombre d'alberi dipinti sul calare del giorno, l'unico verso che vola sulle chiome e se ne fa ali, di due foglie, che nel silenzio sgorga dal cuore, come sabbia d'argento tra le mani. Un verso goffo, disincantato,che respira solitudine accanto alla finestra semichiusa,e sopravvive all'eterno volteggiare di uomini infelici, colmi di tutto, paghi di niente. L'arsura mai mi riduca pietra, e sotto il distillare del cielo rimarrò in eterno.
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Partecipa alle ultime discussioni
Scritto da
Valerio
Il 07/05/2024 alle ore 15:35
La vera saggezza in queste parole risiede nell'accettare che mentre insegniamo, dobbiamo anche imparare dai bambini come facilitare la loro crescita personale senza soffocarla.
Scritto da Utente anonimo
Il 05/05/2024 alle ore 05:56
Tutti possono sbagliare, ma pochi hanno il coraggio di ammetterlo
Scritto da
Nicola
Il 29/04/2024 alle ore 15:34
Interessante, però nel periodo di Pascal, adesso direi molto meno...
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