Frase di Thea Matera
Annega nei cerchi d'acqua lo sguardo di lavagna, si punteggiano le vele sulla campata storna il tempestìo di solidi triformi, sono specchi come pozzi gli acquitrini di snidate campiture, la gravità piega il tempo dove riposa a lumi spenti il cuore sempreverde di cicale. Mal tempera la lima una puntuta mina, scompiglia la faglia intorta di cartiglia dove rotolano i fumetti di certune stanze, la doppia sintesi del tarlo. Fiotto di forme discolori, moderavi la vista d'imperfette piegature del geoide fumè dove s'intaglia e s'attorciglia la sottile zampa di una gru, dove capitolò la stilla nel baricentro di Foucault. Sulla fronte di tramestate viole entrò per sbaglio dall'altra porta una parvenza di vinile a misurare i crucci che sdegnavi. E sia, dormendo, il suolo di pània, è chiuso il lampo nei cassetti dove sostava il sogno, la verità che s'imbluiva nel delta dell'assioma. ROTHKO (No.6 - Violet, Green and Red)
Inserita il 17/05/2022 alle ore 09:49
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Frasi affini
Il Poeta guarda alla vita fissando la finestra, scorgendo l'anima nei rami, scrutando il respiro impalpabile del cielo. Protervo fiore tra suole impolverate, sulla riva divelta e sfatta, irridente acrobata su traversine di seta. Gira in bicicletta per le strade vuote masticando sillabe e fonemi, a bagnarsi gli occhi di luce, a guardare stormi di allodole volare, il nembo pendulo sospeso sul trapezio. Restano tra le righe, le parole, si dilatano le pupille di pozzi nascosti, dove l'acqua rifulge e s'eterna, dove, a schiere, sprofondano le stelle. E cerca il sole, la goccia d'acqua che si fa lacrima sul volto della pietra, il pi greco dello sciame, il mare riflesso sui muri bianchi delle case, dove ricadono glicini a grappoli mentre nubi s'affoltano su chiome di vaniglia e l'umbella. Càpita di restare seduti su ciocchi traversi ad aspettare l'alba, ad ascoltare il frinire di cicale stanche, il rombo dell'aereo che assorda, di camminare sui sassi appuntiti di terre antiche, fissare l'ultima bolla di sapone addormentarsi sull'erba. M'insegni a guardare oltre la pioggia, al di là di ombre indolenti, del riverbero della magnolia. SUNLIGHT ON THE HOAR FROST (La luce del sole sulla brina)
S'è distanziata l'ombra dalla meridiana, gira sul fuso il mondo e la sua ruota, - siffatti l'àncora ed il calcagno - sulla prodaia, fissati come chiodi, flagrano capelluti sfagni. Chiude gli occhi, tutto tace, sulla provenda, plicata a dense strisce, mansueta scorre l'anima in un corpo di limace. Senza riposo rotava il chiurlo, girava sul pennone come goccio l'astrolabio, si salvò il pompelmo fra le rose, in mare aperto il periplo a levante decantava il blu di Prussia del piumaggio. Dalla sediòla scambiò per apparenza il pianto di cicale, di solito non liquefa la foglia la confidenza fatta, come un sorriso di traverso fa la pesta di caprini, dall'abbaino, in disparte, raffila un arrotino il disegno delle nasse. In crogioli e matracci distillava il senso delle cose, temperava nel piatto la sua mela, s'affacciavano nella controra, come due occhi, gli orologi, e non si sperde - dagli tempo - sconnesso il solido in due punti... scese a pennello il guscio sull'artista, la rara convinzione di fragorose nuvole, la mola che sfugge all'orma di due distinte fragole. Sa di sale - è già partita - l'onda disciolta come neve, dove la voce diventa bosco, insetto che disvuole l'acqua di garofani, mutavano le triglie nell'acquaio, la fibra dell'alga sulla scrivania. Che fine ha fatto, disteso, appollaiato sul ramo di camoscio, adiacente all'ago della bussola divorava fino all'ultima parola, semmai disfece la coerenza il polline sulla veranda, s'aggiunse pure in là della pagliola il cespo millefoglie di lattuga; chissà se il cembalista suonerà le prime sette note del notturno, accresce in lui la netta meraviglia di sfuse primavere nei bistrot, nei graffiti sulle porte dei mètro. PASCORE (Eingedenken).
Inserita il 20/03/2023 alle ore 15:32
Andavamo, ebbre lanterne, per mostre d'arte in cerca di ludiche anticaglie, propaggini frugali, a guardare, tèndini, la piega fatalista, la miccia di frumento, la luce mutevole del pettine rado, l'assedio dell'onda di fango. Non si ravvede il canto ribelle - corde pulsum tangite - la foto strappata di un volto, il lembo dell'occhio nero a destra della luna, di lampade ad olio nella foschia di pece, un canto di nebbia di algide presenze in abito da sera. Moire gravitano sulla lama del foglio, in un'aria di fosforo limano il filo di lana sulla rotaia punta, sul contorno di balze sforbiciate di fossili alpestri, fintantocchè non giunga in limine il polso flesso. Fà che sia importante il fondo di ogni verso, ricopia ogni parola sulla campata sdrucciola, ricopri la parola da ogni lato, non perderla fra brogli d'orzo e zampe di cristelle. Il lupo fissa di lontano il paesaggio innevato e, solitario, si perde nel corrusco, dove il poeta rude zufola del croco e di noccioli nivei, e l'orologio molle mostra l'ora inerme sulla costa di tormalina. Thea Matera (Baignè par la Lumière) ©️
Altre frasi di Thea Matera
Oggi su Marte mi sfiora la tempesta, non c'è che un filo d'erba a scompigliare nuvole conchiuse in granati barattoli di vetro, i colori sono pozze di ematite solchi nel concavo riflesso di rosa acquamarina... Cieli di polvere sovrastano dissepolte lampide, si schiudono ossidate ali di rupicole, come viluppo di quarzosi cràspedi l'eco di luce si raccoglie sui soffitti. Cos'era la musica se non un tonfo sordo, un tinnulo di asteri sul giglio di mare... La vita esplode nel grembo della luna sull'orma intatta di puntellate valli, allo Zènith s'impolvera lo storno, la filza di lumache discioglie il brivio di aceraie, l'anello della maglia incartoccia sulle teste i ninnoli di pietra prima che affoghi in dogli di titanio la rena di cellulosa. Mi parlarono di docili chelonie, ocracei ciottoli e spati di viandanti, di gerbere nel raggio di lanugiosi palmi, la diaspora di macine e di armenti. Era il cinabro pelago un nicchio di calille nel cielo che s'infosca sul piumaccio, dove sopravvive la cocciniglia, e la lantana, sotto teche d'eliodoro; distinguo dalla specola il perno della ruota, l'ultimo nome inciso nella secca, si vetrifica il lago di scarlatti brani dove hai colto invaiati pummeli, l'avito gesmino e la catalpa, l'assecchita pieve e l'amaranto. Ricadono i pensieri come forme di alveari, in silico si foggia l'agapanto il dismentato stazzo, smatassati tomboli di romite nebule si sperdono in liquate florescenze, nella rifusa lacrima del Firmamento. ZYKLUS (Life On Mars)
Inserita il 29/09/2022 alle ore 09:14
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In risposta al commento di Utente anonimo
Scritto da Utente anonimo
Il 05/12/2024 alle ore 15:46
Da dove è tratta?
Tratta dalla commedia "Measure for Measure" di William Shakespeare
Dio non ha voluto popolare la Terra di stoici come Socrate, ma di uomini e cioè di esseri capaci di coraggio e al tempo stesso soggetti alla paura, esattamente come accadde al Gesù fatto uomo.
Scritto da Utente anonimo
Il 20/11/2024 alle ore 23:22
Devo dire che sono d'accordo, è un'occupazione solitaria da svolgere con estrema abnegazione. Eppure, avere qualcuno che ama quello che scrivi e che fa il tifo per te, per quanto possa sembrare banale, fa davvero una grande differenza.
Grazie maestro.
Matteo
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