Frase di John Lubbock
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S'è distanziata l'ombra dalla meridiana, gira sul fuso il mondo e la sua ruota, - siffatti l'àncora ed il calcagno - sulla prodaia, fissati come chiodi, flagrano capelluti sfagni. Chiude gli occhi, tutto tace, sulla provenda, plicata a dense strisce, mansueta scorre l'anima in un corpo di limace. Senza riposo rotava il chiurlo, girava sul pennone come goccio l'astrolabio, si salvò il pompelmo fra le rose, in mare aperto il periplo a levante decantava il blu di Prussia del piumaggio. Dalla sediòla scambiò per apparenza il pianto di cicale, di solito non liquefa la foglia la confidenza fatta, come un sorriso di traverso fa la pesta di caprini, dall'abbaino, in disparte, raffila un arrotino il disegno delle nasse. In crogioli e matracci distillava il senso delle cose, temperava nel piatto la sua mela, s'affacciavano nella controra, come due occhi, gli orologi, e non si sperde - dagli tempo - sconnesso il solido in due punti... scese a pennello il guscio sull'artista, la rara convinzione di fragorose nuvole, la mola che sfugge all'orma di due distinte fragole. Sa di sale - è già partita - l'onda disciolta come neve, dove la voce diventa bosco, insetto che disvuole l'acqua di garofani, mutavano le triglie nell'acquaio, la fibra dell'alga sulla scrivania. Che fine ha fatto, disteso, appollaiato sul ramo di camoscio, adiacente all'ago della bussola divorava fino all'ultima parola, semmai disfece la coerenza il polline sulla veranda, s'aggiunse pure in là della pagliola il cespo millefoglie di lattuga; chissà se il cembalista suonerà le prime sette note del notturno, accresce in lui la netta meraviglia di sfuse primavere nei bistrot, nei graffiti sulle porte dei mètro. PASCORE (Eingedenken).
Inserita il 20/03/2023 alle ore 15:32
Esiste un muto greto dove la notte scompare nel polverìo di un alambicco, dove il campo di papaveri disasconde la verbena, in un tunnel di acanti blu cobalto dimergola al limine di guglie il luminarsi di avite sale, atticciate mute di cani si rincorrono lungo ossuti cinti silvestri, coccole di nervati curri. Mi persuade il brillìo della gazania, il serraglio dell'ipomea, lo strale di aguzzi steli come i tuoi gesti, disegni sopra i vetri di vasi azzurri d'acqua un roseo cielo di conchiglia, sfiori la parola e l'allontani... ne mostri di schiena il filo di frutti chiari, devoti volti, il drappo di parole imprestate alla ragione l'inconosciuta soglia della rima non ancora scritta. Si rassomigliano fra loro, ossimori, i parallelepipedi, si sbiancano verdi pilastri d'ostriche; la stevia si rigira nel soffio della calura, s'attrista nella cuòra il piorno ventre di ovati bozzoli, ermo grigio di acuti lobi. Si fende l'arco del giunco che dorme all'orizzonte, raggiorna tra le pagine di malacopie, di sonnolenti, smesse vertèbre di gargolle nello sfiato di filicorni, sorgivi bronzi di rosignoli fra dibarbate polle. (ON THE STAIRCASE)
Inserita il 10/09/2022 alle ore 11:42
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Scritto da
Marco Besi
Il 17/04/2024 alle ore 09:13
Un bellissimo promemoria di quanto possano essere potenti i nostri sguardi.
Scritto da Utente anonimo
Il 15/04/2024 alle ore 22:46
Se uno non capisce una grande battuta è inutile cercare di spiegargliela…
Scritto da
Alessia
Il 15/04/2024 alle ore 10:29
Questa frase mi fa sorridere per il suo cinismo, ma penso che rifletta una realtà amara. Le persone spesso giudicano senza conoscere niente e questo può portare a sentimenti negativi ingiustificati. Tuttavia, rispondere all’odio con l’odio non fa altro che alimentare un circolo vizioso, e non fa per me
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